Direttiva whistleblowing e D. Lgs. 231/01: punti di contatto e intersezioni

In vista del recepimento della Direttiva (UE) 2019/1937: punti di contatto e intersezioni con gli strumenti di whistleblowing ex D. Lgs. 231/01

–  pubblicato il 25 novembre 2021

 

  1. Introduzione

Nell’ottobre del 2019 il Parlamento e il Consiglio dell’Unione Europea approvavano la Direttiva (UE) 2019/1937 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione. Con l’approvazione di tale normativa l’UE intende rafforzare l’applicazione del diritto e delle politiche dell’Unione in specifici settori attraverso l’introduzione di norme minime comuni volte a garantire un elevato livello di protezione delle persone che segnalano violazioni.

A breve, il 17 dicembre prossimo, scadrà il termine assegnato agli Stati membri affinché gli stessi adottino le normative interne necessarie per recepire quanto previsto[1]. La Direttiva prevede infatti che gli Stati membri debbano modificare il diritto interno e rendere obbligatoria l’adozione di:

  • canali di segnalazione di violazione del diritto dell’Unione “interni” nei confronti di soggetti privati e pubblici;
  • canali di segnalazione di violazione del diritto dell’Unione “esterni” nei confronti di autorità precisamente individuate dagli stati;
  • procedure idonee a gestire tali segnalazioni garantendo la riservatezza del segnalante.

Gli Stati membri, inoltre, dovranno approvare normative che vietino qualsiasi forma di ritorsione contro i soggetti segnalanti e che garantiscano a questi ultimi idonee misure di tutela quali sostegno informativo, finanziario ed anche psicologico.  

In questo contributo si intende passare in rassegna le principali novità che comporteranno oneri di adeguamento in capo a soggetti giuridici del settore privato.

  1. Ambito di applicazione soggettivo e oggettivo

La Direttiva intende garantire protezione a soggetti che segnalino, attraverso i canali preposti, informazioni inerenti atti o omissioni illeciti relativi al diritto dell’Unione di cui abbiano avuto conoscenza nel contesto lavorativo.

Si tratta di un catalogo di soggetti piuttosto ampio che comprende:

a) lavoratori subordinati, compresi i dipendenti pubblici;

b) lavoratori autonomi;

c) gli azionisti e i membri dell’organo di amministrazione, direzione o vigilanza di un’impresa, compresi i membri senza incarichi esecutivi, i volontari e i tirocinanti retribuiti e non retribuiti;

d) qualsiasi persona che lavora sotto la supervisione e la direzione di appaltatori, subappaltatori e fornitori.

La protezione garantita dalla Direttiva  è limitata ai casi in cui l’oggetto della segnalazione riguardi violazioni del diritto dell’UE che ledano gli interessi finanziari dell’Unione ovvero che riguardino taluno di questi settori: appalti pubblici; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità dei prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell’ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi.

  1. I destinatari degli obblighi di adeguamento

Nonostante ad oggi l’esecutivo non abbia ancora esercitato la delega conferita[2] dal Parlamento, le disposizioni contenute nella fonte comunitaria sono sufficientemente dettagliate da consentire di individuare i soggetti sui quali ricadrà l’obbligo di istituzione dei canali di segnalazione.

Con particolare riferimento ai soggetti di diritto privato la direttiva impone l’istituzione di “canali di segnalazione interni” attraverso i quali comunicare a specifici destinatari individuati all’interno dell’ente le violazioni di cui abbiano avuto notizia. L’onere di istituire canali di segnalazione interna riguarda, a norma dell’art. 8 par. 3 della Direttiva, solamente le imprese che occupano almeno 50 lavoratori; tuttavia è fatta salva la possibilità per gli stati membri di estendere l’obbligo anche al di sotto di tale soglia dimensionale.[3]

  1. I requisiti dei canali di segnalazione interni

Il Legislatore europeo ha tracciato le direttrici fondamentali nell’ambito delle quali dovranno muoversi gli Stati membri nel disciplinare i requisiti essenziali dei canali di segnalazione e delle procedure da applicare nella gestione delle stesse, segnatamente:

  • TUTELA DELLA RISERVATEZZA: i sistemi di segnalazione dovranno garantire la riservatezza dell’identità della persona segnalante e di ogni altra informazione che valga ad identificarla direttamente e indirettamente. Solamente soggetti precisamente individuati potranno avere accesso alle segnalazioni. L’identità del segnalante potrà essere rivelata con il consenso dello stesso ovvero, nel caso in cui lo imponga il diritto interno, nell’ambito di indagini o procedimenti penali o per salvaguardare il diritto di difesa della persona coinvolta
  • SEGUITO DILIGENTE: le procedure di segnalazione dovranno contemplare la designazione di un soggetto imparziale che rimanga in contatto con il segnalante anche al fine di richiedere ulteriori informazioni.
  • RISCONTRI AL SEGNALANTE: la direttiva ritiene di fondamentale importanza fornire riscontri al segnalante: entro 7 giorni dal ricevimento della segnalazione dovrà essere data conferma della ricezione al soggetto ed entro ulteriori 3 mesi il segnalante dovrà ricevere un riscontro nel merito.
  1. Punti di contatto e intersezione con il sistema di whistleblowing ex D. Lgs. 231/2001

Com’è noto l’art. 6 co. 2bis D. Lgs. 231/2001 prevede l’obbligo di adottare un sistema di comunicazione delle condotte illecite nell’ambito dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo. Sebbene le assonanze tra la disciplina prevista dalla Direttiva e la normativa attualmente in vigore siano piuttosto evidenti, i sistemi di whistleblowing adottati alla stregua dell’art. 6 co. 2bis potrebbero non soddisfare a pieno i requisiti previsti dal diritto UE.

Innanzitutto occorre rilevare che gli scopi perseguiti dalle due normative sono profondamente differenti e, conseguentemente, anche l’oggetto delle segnalazioni: mentre i sistemi di whistleblowing che assistono i MOGC hanno il dichiarato scopo di portare a conoscenza le violazioni del modello al fine di tutelare l’integrità dell’Ente, i sistemi che dovranno essere adottati in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937 avranno lo scopo di portare a conoscenza le violazioni del diritto dell’Unione Europea e dei relativi interessi finanziari.

Anche la platea di potenziali segnalanti cui si rivolgono le citate normative è diversa. Mentre il D. Lgs. 231/01 si riferisce ai soli apicali e soggetti sottoposti alla loro direzione e vigilanza, la Direttiva in parola ha optato per una nozione di segnalante più estesa ricomprendendo espressamente anche soggetti terzi estranei all’ente quali lavoratori autonomi, fornitori, appaltatori ecc. Una simile apertura è già presente nell’ordinamento interno a seguito delle modifiche apportate dalla L. 179/2017 al whistleblowing nel settore pubblico[4] ma non era stata estesa anche al settore privato. Occorre tuttavia osservare che le best practices in materia di whistleblowing privato consigliano già di garantire l’accessibilità dei canali di segnalazione degli illeciti anche a collaboratori esterni, fornitori ecc.

Ulteriore profilo che merita di essere esaminato è la circostanza che gli strumenti che dovranno essere implementati in forza della Direttiva (UE) 2019/1937 e quelli già previsti dal D. Lgs. 231/2001 soggiacciono a diverse forme di obbligatorietà. Mentre i primi dovranno essere necessariamente implementati solo da imprese con almeno 50 addetti, per i secondi non è prevista alcuna soglia occupazionale minima e l’obbligo di istituire tali canali deriva dalla scelta di adottare o meno un modello organizzativo.

I profili fin qui evidenziati inducono a ritenere che le procedure di whistleblowing già adottate ai sensi del D. Lgs. 231/2001 potrebbero necessitare di alcuni rimaneggiamenti al fine di garantire la piena compliance alla Direttiva, nei modi e nelle forme in cui verrà recepita dall’ordinamento interno. Oltre alle evidenti modifiche oggettive e soggettive si segnala, in particolare, l’obbligo di garantire un riscontro nei confronti del segnalante previsto dalla Direttiva che, come anticipato, deve prevedere una conferma di ricezione della segnalazione nonché un riscontro nel merito entro il termine massimo di 3 mesi dall’inoltro. Tale aspetto non è attualmente prescritto dal D. Lgs. 231/2001, sebbene già previsto e regolato dalla maggior parte delle procedure di segnalazione adottate nell’ambito dei Modelli Organizzativi al fine di consolidare la fiducia dei dipendenti nell’utilità del sistema di whistleblowing.

 

  1. Le linee guida internazionali ISO 37002:2021 – Whistleblowing management systems

I canali di segnalazione degli illeciti già previsti dal D. Lgs. 231/2001 e quelli che verranno introdotti a norma della Direttiva (UE) 2019/1937 non esauriscono il panorama dei sistemi di whistleblowing che nel corso degli ultimi anni hanno trovato applicazione in diversi settori dell’ordinamento: si pensi ai sistemi di segnalazione degli illeciti previsti dalla normativa bancaria (ai sensi degli artt. 52-bis e 52-ter del D. Lgs. 385/1993), dalla normativa antiriciclaggio (art. 45 D. Lgs. 231/2007), nella regolamentazione dell’attività finanziaria (artt. 4-undecies e 4-duodecies D. Lgs. 58/1998) e nel settore assicurativo (artt. 10-quater e 10-quinquies D. Lgs. 209/2005).

A supporto della finalità di generare ordine ed omogeneità nella materia possono essere utilizzate le linee guida internazionali ISO 37002:2021 approvate nel luglio di quest’anno e relative alla gestione dei sistemi di whistleblowing.

Esse sono concepite non solamente con l’obiettivo di fornire criteri per l’elaborazione di un efficace sistema di segnalazione e di protezione dei segnalanti, ma anche con quello di favorire l’emersione di illeciti attraverso il miglioramento della cultura organizzativa e partecipativa e la conseguente infusione di fiducia in coloro che sono parte dell’organizzazione.

Risulta evidente come ciò vada di conseguenza ad impattare positivamente sulla governance: a prescindere dal fatto che sia stata accertata o meno una violazione, il solo fatto che la procedura sia stata adeguatamente gestita consente all’impresa di verificare il rispetto delle procedure, la loro efficacia e l’attuazione dei presidi di controllo, in un’ottica di miglioramento continuo. E’ proprio la possibilità di porre in essere azioni di rimedio con tempestività e proattività che costituisce il vero valore di un sistema di whistleblowing, al di là del mero adempimento normativo.

  1. Conclusioni

L’estensione dell’oggetto delle segnalazioni potrebbe costituire lo spunto per l’implementazione di un sistema di whistleblowing che sia finalizzato non solo alla gestione dei rischi ed alla prevenzione di illeciti ma anche alla diffusione di una cultura dell’esercizio “etico” dell’attività, in cui gli addetti di tutti i livelli si riconoscano e vi partecipino in maniera attiva. In questo senso, un approccio integrato che garantisca la piena compliance normativa senza duplicazione di procedure e/o attività e ispirato ai principi dello standard ISO 37002:2021 se adeguatamente declinato può far sì che gli oneri di adeguamento e implementazione generino valore per l’impresa.

Alberto Bernardi

Avvocato del Foro di Bologna

[1] L’art. 26 par. 2 stabilisce che per quanto riguarda i soggetti giuridici privati che occupano meno di 250 lavoratori il termine per adottare canali di segnalazioni interne è posticipato al 17 dicembre 2023.

[2] Cfr. art. 23 L. 53/2021 (cd. Legge di delegazione europea 2019 – 2020)

[3] Si segnala che Confindustria, nel corso delle interlocuzioni con le istituzioni ha invitato il Governo a non esercitare tale opzione. Tuttavia l’Art. 8 par. 4 della Direttiva prevede che la soglia dimensionale dei 50 addetti non rileva per i soggetti che operano in uno dei (numerosi) settori indicati nelle parti I.B e II dell’allegato.

[4] Art. 54-bis D. Lgs. 165/2001 così come modificato dalla Legge 179/2017: “[…] La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese  fornitrici  di  beni  o  servizi  e  che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica.”

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