Le vicende modificative dell’ente: l’attribuzione della responsabilità ai sensi del D. Lgs. s. n. 231/2001 e il ruolo dell’Organismo di Vigilanza
– pubblicato il 9 giugno 2021–
Il D. Lgs. s. n. 231/2001 contempla una sezione di norme che disciplinano i casi in cui l’ente compia un’operazione societaria straordinaria che determini una modificazione della struttura organizzativa. Si tratta in particolare delle operazioni di: trasformazione, fusione, scissione e cessione d’azienda disciplinate agli artt. 28 – 33 del D. Lgs. s. n. 231/2001 e delle relative conseguenze in caso di commissione dei reati anteriormente alla data di efficacia dell’operazione straordinaria.
- Gli istituiti della trasformazione, fusione e scissione
Preliminarmente alla trattazione degli effetti delle operazioni straordinarie sulla responsabilità dell’ente che abbia commesso un illecito ex D. Lgs. s. n. 231/2001, si rende opportuno fornire un breve inquadramento normativo degli istituti sopra citati.
1.1 La trasformazione
La trasformazione, disciplinata dagli artt. 2498 – 2500 novies c.c., determina il cambiamento del tipo di organizzazione sociale oppure il mutamento dello scopo della società o ente.
Con la trasformazione cambia l’intero assetto organizzativo della società. La giurisprudenza ha da tempo chiarito che la trasformazione non comporta l’estinzione della società preesistente e la nascita di una nuova società[1]: si tratta della medesima società che continua a operare in un rinnovata veste giuridica e che “conserva i diritti e gli obblighi e prosegue tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione” (art. 2498 c.c.).
La trasformazione può distinguersi in:
- omogenea quando il cambiamento riguarda solo il modello di società, per esempio il passaggio da una società in nome collettivo a una società per azioni o viceversa;
- eterogenea quando invece il cambiamento riguarda lo scopo economico della società o dell’ente, per esempio la trasformazione di società cooperative a mutualità non prevalente in società di capitali (s.p.a., s.r.l. ecc.) e viceversa.
1.2 La fusione
La fusione, disciplinata dagli artt. 2501 – 2505 quater c.c., determina l’unione di due o più società in una sola.
Mediante la fusione si attua una concentrazione di imprese societarie in un’unica struttura organizzativa che continua l’attività di tutte le società preesistenti. Pertanto, la società incorporante o che risulta dalla fusione assume “i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione” (art. 2504 – bis c.c.).
La fusione può distinguersi in:
- fusione in senso stretto quando si realizza la costituzione di una società che prende il posto di tutte le società che si fondono;
- fusione per incorporazione quando si realizza l’assorbimento in una società preesistente di una o più altre società.
1.3 La scissione
La scissione, disciplinata dagli artt. 2506 – 2506 quater c.c., determina il trasferimento di una parte o di tutto il patrimonio di una società a una o più società preesistenti o di nuova costituzione.
La scissione può distinguersi in:
- scissione totale quando l’intero patrimonio della società che si scinde viene trasferito a più società. L’attività della società scissa continua tramite le società beneficiarie della scissione che assumono i diritti e gli obblighi corrispondenti alla quota di patrimonio loro trasferita (art. 2506 quater c.c.);
- scissione parziale quando solo una parte del patrimonio della società che si scinde viene trasferita ad una o più società. La società scissa perciò resta in vita sia pure con un patrimonio ridotto e continua l’attività parallelamente alle società beneficiarie.
- La responsabilità dell’ente per i fatti di reato commessi anteriormente alle operazioni straordinarie di trasformazione, fusione e scissione
Si procede ora a un’analisi degli artt. 28 – 32 del D. Lgs. n. 231/2001 che, come anticipato, regolano l’incidenza sulla responsabilità dell’ente delle vicende modificative connesse a operazioni di trasformazione, fusione o scissione.
La ratio dell’introduzione di tali norme si evince dalla lettura della relazione ministeriale al D. Lgs. s n. 231/2001 nella quale vengono prese in considerazione due esigenze contrapposte: “da un lato, quella di evitare che tali operazioni si risolvano in agevoli modalità di elusione della responsabilità; dall’altro, quella di escludere effetti eccessivamente penalizzanti, tali da porre remore anche ad interventi di riorganizzazione privi degli accennati intenti elusivi. Il criterio di massima al riguardo seguito è stato quello di regolare la sorte delle sanzioni pecuniarie conformemente ai principi dettati dal codice civile in ordine alla generalità degli altri debiti dell’ente originario, mantenendo, per converso, il collegamento delle sanzioni interdittive con il ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il reato.”.
Il principio ispiratore è quindi quello di contrastare fenomeni elusivi della normativa di cui al D. Lgs. n. 231/2001 mediante l’attuazione di operazioni societarie che possano incidere sulla struttura dell’ente “colpevole”.
Il legislatore ha pertanto previsto che la responsabilità dell’ente sopravvive alle operazioni straordinarie e viene trasferita congiuntamente ai diritti e agli obblighi facenti capo alle società interessate dalle operazioni societarie. In particolare, le sanzioni pecuniarie soggiacciono al medesimo regime previsto dalla normativa civilistica per i debiti dell’ente originario, mentre le sanzioni interdittive rimangono “ancorate” al ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il reato, ciò al fine di evitare il pericolo che le sanzioni interdittive vengano inflitte a strutture organizzative estranee all’illecito.
In applicazione dei principi appena esposti e nel solco della disciplina civilistica, il D. Lgs. n. 231/2001 prevede un continuum di responsabilità dell’ente, in particolare:
- in tema di trasformazione, l’art. 28 D. Lgs. n. 231/2001 prevede che: “Nel caso di trasformazione dell’ente, resta ferma la responsabilità per i reati commessi anteriormente alla data in cui la trasformazione ha avuto effetto”.
Trattasi di una previsione coerente con la natura dell’istituto della trasformazione, il quale implica un semplice mutamento del modulo organizzativo, che non incide sull’identità dell’ente.
Si assiste pertanto a una ‘perpetuatio’ della responsabilità piena e incondizionata[2] dell’ente che risulta dalla trasformazione.
In forza del principio della continuità della responsabilità, all’ente trasformato sono applicabili le sanzioni pecuniarie, interdittive e la confisca ex art. 19, D. Lgs. n. 231/2001 derivanti dalla commissione di reati presupposto antecedente alla data di efficacia della trasformazione.
- in tema di fusione, l’art. 29 D. Lgs. n. 231/2001 stabilisce che: “Nel caso di fusione, anche per incorporazione, l’ente che ne risulta risponde dei reati dei quali erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione”.
Questa previsione sancisce la perfetta e necessaria trasmissibilità all’ente risultante dalla fusione delle sanzioni pecuniarie e interdittive afferenti a reati commessi anteriormente alla data di efficacia della fusione.
È stato osservato in giurisprudenza che la regola per cui l’ente risultante dalla fusione sia punibile anche per gli illeciti commessi dalla società incorporata, prima dell’operazione di fusione per incorporazione, non comporta una violazione del principio della responsabilità penale, in quanto, alla luce del principio di continuità nella responsabilità, il fenomeno della fusione non produce l’estinzione delle società fuse o incorporate, le quali “sono caratterizzate da una perdita della loro individualità a seguito di una modifica dei loro atti costitutivi e dei loro statuti” [3].
Proprio in relazione alle ipotesi di fusione di società, la Corte di Giustizia U.E. ha richiamato più volte il principio di “effettività” del sistema sanzionatorio, per affermare che la normativa interna degli Stati deve assicurare l’imposizione di sanzioni nei confronti dell’ente che abbia incorporato quello che ha commesso l’infrazione, potendo, altrimenti, le imprese sfuggire alle sanzioni per il semplice fatto che la loro identità è stata modificata a seguito di ristrutturazioni, cessioni o altre modifiche di natura giuridica o organizzativa[4].
In dottrina è stato peraltro precisato che la responsabilità in parola prescinde dal preventivo accertamento dell’illecito in capo all’ente originario, ‘coprendo’ anche gli illeciti la cui verifica giudiziale non fosse ancora iniziata alla data di perfezionamento della fusione[5].
Con specifico riguardo all’applicazione delle sanzioni interdittive, la Relazione Ministeriale ben chiarisce che dette misure sono applicabili alla specifica attività (ramo aziendale) alla quale si riferisce l’illecito attribuito all’ente e non indiscriminatamente all’ente fuso nel suo complesso, conformemente a quanto previsto dall’art. 14, D. Lgs. n. 231/2001. Dal tenore della norma si desume che il Legislatore, richiama ancora una volta l’attenzione del Giudice sulla circostanza che la sanzione interdittiva non deve ispirarsi a un criterio applicativo generalizzato e indiscriminato, ma deve essere limitata al ramo aziendale nel quale è stato commesso il reato, in ossequio al principio di proporzionalità della pena.
Deve inoltre segnalarsi che a favore dell’ente risultante dalla fusione è riconosciuta la facoltà di chiedere la sostituzione delle sanzioni interdittive con sanzioni pecuniarie ai sensi del combinato disposto degli artt. 17 e 31, comma 2, D. Lgs. n. 231/2001.
All’ente risultante dalla fusione sono altresì applicabili le sanzioni pecuniarie, l’obbligo del risarcimento del danno e la confisca ex art. 19, D. Lgs. 231/2001. Su quest’ultima misura, la Suprema Corte ha espresso tale orientamento: “Deve, pertanto, escludersi che la confisca (ed il sequestro preventivo ad essa finalizzato) disposta nei confronti della società che ha partecipato alla fusione per incorporazione, si estenda automaticamente alla società incorporante, solo sulla base della regola, fissata in sede civilistica dall’art. 2504 bis c.c. […]. Tale regola, infatti, (che, peraltro, trova corrispondenza nella previsione dell’art. 29, D. Lgs. 231/2001 […]) va coordinata con i richiamati principi volti a tutelare la posizione del terzo di buona fede, estraneo al reato, perché, se così non fosse, la società incorporante o quella risultante dalla fusione si troverebbe esposta alle conseguenze di natura penale di reati commessi da altri, unicamente in base alla posizione formale di soggetto partecipante alla fusione”.[6]
- in tema di scissione, l’art. 30 D. Lgs. n. 231/2001 prevede che: “Nel caso di scissione parziale, resta ferma la responsabilità dell’ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto, salvo quanto previsto dal comma 3.
Gli enti beneficiari della scissione, sia totale sia parziale, sono solidalmente obbligati al pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dall’ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data dalla quale la scissione ha avuto effetto. L’obbligo è limitato al valore effettivo del patrimonio netto trasferito al singolo ente, salvo che si tratti di ente al quale è stato trasferito, anche in parte il ramo di attività nell’ambito del quale è stato commesso il reato.
Le sanzioni interdittive relative ai reati indicati nel comma 2, si applicano agli enti cui è rimasto o è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell’ambito del quale il reato è stato commesso».
L’articolo in commento distingue i casi di scissione parziale dalla scissione totale.
Nel caso di scissione parziale – ossia quando l’ente scisso abbia trasferito solamente una parte del proprio patrimonio e conseguentemente continui la propria attività – l’ente scisso rimane responsabile per i reati commessi prima che la scissione abbia prodotto effetto ex art. 2506 quater, comma 1, c.c.
L’ente scisso resta quindi responsabile in virtù del principio di imputazione soggettiva della “colpa in organizzazione” e potrà risultare destinatario delle sanzioni interdittive nel caso in cui il ramo di attività nel quale è stato commesso l’illecito sia rimasto nella propria parte di patrimonio non trasferito alla società beneficiaria.
Per quanto riguarda la sorte dell’obbligazione per il pagamento delle sanzioni pecuniarie, il comma 2 dell’art. 30 dispone, che, indipendentemente dal tipo di scissione, totale o parziale, gli enti beneficiari dell’operazione sono solidalmente obbligati al pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dall’ente scisso per i reati commessi prima alla data dalla quale la scissione ha avuto effetto. In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza chiarendo che “In materia di responsabilità delle persone giuridiche gli enti risultanti da scissione sono solidalmente obbligati al pagamento delle sanzioni pecuniarie per i reati commessi dall’ente scisso prima dell’operazione di scissione.”[7]
Trattasi, invero, di una responsabilità solidale limitata al valore effettivo del patrimonio netto trasferito a ciascun ente beneficiario: limite che però non opera se agli enti beneficiari è stato assegnato il ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il reato. In quest’ultimo caso, la società beneficiaria del ramo di azienda “incriminato” risponderà, senza alcun limite, sia per il pagamento delle sanzioni pecuniarie sia per le sanzioni interdittive.
Per quanto riguarda invece la sorte delle sanzioni interdittive, l’art. 30, comma 3, prevede l’applicazione in via esclusiva agli enti ai quali è rimasto o è stato trasferito, anche solo in parte, il ramo di attività nel quale è stata realizzata la vicenda criminosa. Ai sensi del successivo art. 31, comma 2, è previsto che l’ente nei cui confronti risulti applicabile la sanzione interdittiva può chiedere la sostituzione della sanzione interdittiva con la sanzione pecuniaria, qualora siano realizzate le condizioni previste dall’art. 17, D. Lgs. n. 231/2001 in tema di riparazione delle conseguenze da reato[8].
- La cessione d’azienda e la responsabilità solidale del cessionario
Tra le operazioni straordinarie disciplinate dal D. Lgs. n. 231/2001 rientra anche la cessione d’azienda, regolamentata dall’art. 33. Trattasi di un’operazione societaria che si differenzia nettamente dalla trasformazione, fusione e scissione sopra esaminate, in quanto mediante quest’ultime operazioni si attua una modifica sul piano soggettivo e giuridico-organizzativo dell’ente, mentre la cessione d’azienda incide principalmente sul piano oggettivo ed economico dell’ente.
Per cessione d’azienda deve intendersi, a norma degli artt. 2555 ss. c.c., il trasferimento della proprietà o del godimento del complesso di beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.
In tema di responsabilità per i reati commessi nell’ambito dell’attività ceduta l’art. 33, D. Lgs. n. 231/2001 prevede che: “Nel caso di cessione dell’azienda nella cui attività è stato commesso il reato, il cessionario è solidalmente obbligato, salvo il beneficio della preventiva escussione dell’ente cedente e nei limiti del valore dell’azienda, al pagamento della sanzione pecuniaria.
L’obbligazione del cessionario è limitata alle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori, ovvero dovute per illeciti amministrativi dei quali egli era comunque a conoscenza.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di conferimento di azienda”.
L’articolo in commento prevede quindi una responsabilità a titolo di garanzia della società cessionaria (società che ha acquisito la proprietà o il godimento dell’azienda o ramo di essa), la quale è solidalmente obbligata al solo pagamento delle sanzioni pecuniarie inflitte all’ente cedente.
Va però precisato che la responsabilità solidale e sussidiaria del cessionario è:
- ascrivibile nel caso in cui la preventiva escussione del cedente non fosse andata a buon fine;
- limitata al valore dell’azienda ceduta;
- condizionata al fatto che dette sanzioni risultino dai libri contabili obbligatori ovvero siano state portate a conoscenza del cessionario mediante altri canali informativi.
Il cedente resta quindi il soggetto obbligato principale al pagamento della sanzione pecuniaria e l’unico destinatario delle sanzioni interdittive.
Resta esclusa nei confronti del cessionario l’applicabilità di ogni altra sanzione interdittiva e quindi anche delle misure cautelari, del sequestro e della confisca. In tal senso si è peraltro espressa la Suprema Corte che ha chiarito che “Nel caso di cessione di azienda i beni dell’ente cessionario non possono essere sottoposti alla confisca per equivalente del profitto del reato commesso prima della cessione, atteso che, ai sensi dell’art. 33, D. Lgs. s. n. 231 del 2001, l’ente cessionario risponde in solido con quello cedente esclusivamente del pagamento della sanzione pecuniaria comminata per l’illecito a quest’ultimo addebitabile”[9].
- L’attività dell’Organismo di Vigilanza nell’ambito delle operazioni straordinarie
Nell’ambito delle operazioni straordinarie, una delle attività propedeutiche che riveste maggior rilievo per le società interessate all’operazione è quella della c.d. due diligence, ossia l’attività finalizzata alla raccolta e all’analisi di una serie di informazioni societarie, contabili, finanziarie, legali e fiscali nonché ogni altra tipologia di dato o elemento utile a comprendere la convenienza e la fattibilità dell’operazione programmata.
Sulla scorta di quanto previsto dalla normativa civilistica e dagli articoli del D. Lgs. n. 231/2001 sopra illustrati in tema di responsabilità dell’ente, l’indagine della due diligence non può quindi prescindere dalla richiesta all’ente “target” (ente che verrà incorporato o scisso) di riferire in merito all’implementazione e all’aggiornamento di un Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D. Lgs. n. 231/2001, nonché in merito a potenziali contestazioni ovvero all’avvio di procedimenti penali o condanne inflitte per la violazione dalla normativa in parola.
Si renderà quindi opportuno chiedere copia del Modello ex D. Lgs. 231/2001 in vigore, nonché copia della documentazione relativa al Gap Analysis e al Risk Assessment.
Nel caso in cui fossero pendenti dei procedimenti penali inerenti ai reati presupposto previsti nel D. Lgs. n. 231/2001si renderà altresì opportuno chiedere ai difensori che assistono l’ente una relazione sullo stato del procedimento e sul prevedibile esito dello stesso.
Una fonte di informazioni che può rilevarsi di estrema importanza, ai fini che qui interessano, è la documentazione elaborata dall’Organismo di Vigilanza dell’ente “target” nello svolgimento delle proprie funzioni. A titolo esemplificativo potrà essere richiesta la seguente documentazione:
- le relazioni semestrali e annuali;
- i verbali periodici e le relazioni di controllo;
- le comunicazioni informative e/o urgenti all’organo gestorio e ai sindaci.
Dall’esame di tale documentazione si dovrebbe, infatti, comprendere l’efficacia del Modello adottato dall’ente target e in generale il livello di compliance ex D. Lgs. n. 231/2001.
In tale fase di indagine si reputa altresì opportuno rendere partecipe anche l’Organismo di Vigilanza dell’ente incorporante o dell’ente beneficiario, il quale dovrà essere edotto degli esiti dell’attività di analisi e potrà svolgere le proprie indipendenti valutazioni, richiedendo qualora ne ravvisasse la necessità i più opportuni chiarimenti oppure suggerendo l’acquisizione di ulteriore documentazione tra la quale può segnalarsi:
- i bilanci di esercizio degli ultimi 3 anni per verificare la voce “fondi rischi” nella quale potrebbe essere rinvenuta l’iscrizione di poste rappresentative di perdite future connesse a procedimenti di accertamenti di illeciti ex D. Lgs. n. 231/2001;
- certificato dell’anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dell’anagrafe dei carichi pendenti degli illeciti amministrativi dipendenti da reato richiesto dall’ente interessato, di cui all’art. 31, d.p.r. 14 novembre 2002, n. 313;
- richiesta di comunicazione delle annotazioni delle notizie di illecito amministrativo dipendente da reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p.
- copia del sistema delle deleghe di funzioni gestorie e dei mansionari.
L’Organismo di Vigilanza dovrà inoltre essere costantemente aggiornato da parte dell’organo gestorio in merito agli sviluppi relativi alle operazioni straordinarie e più in generale sul piano strategico e di sviluppo dell’ente stesso.
Negli specifici casi di fusione e scissione, l’Organismo di Vigilanza potrà in particolare chiedere di visionare:
- in caso di fusione:
– il progetto di fusione ex art. 2501-ter c.c.;
– le relazioni dell’organo amministrativo e le relazioni degli esperti ex artt. 2501-quinquies e 2501-sexies c.c.;
– l’atto di fusione ex art. 2504.
- in caso di scissione:
– il progetto di scissione ex art. 2506-bis c.c.;
– le relazioni dell’organo amministrativo, le relazioni degli esperti ex art. 2506-ter;
– l’atto di scissione.
Nulla esclude che l’Organismo di Vigilanza dell’ente incorporante o dell’ente beneficiario svolga un incontro con l’Organismo di Vigilanza dell’ente target per compiere le più opportune verifiche e valutazioni in merito all’operazione straordinaria prospettata dai rispettivi organi gestori.
Il tema della rilevanza della due diligence in materia di operazioni straordinarie ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001 è stata di recente messa in evidenza anche dalla Suprema Corte di Cassazione che così si è pronunciata: “Trattandosi di un’operazione rimessa alla libera determinazione dei soggetti, la due diligence che deve accompagnare la vicenda modificativa offre in ogni caso alla società incorporante le garanzie […] per essere pienamente ‘consapevole’ dei rischi nell’acquisire una società ‘attinta’ da illeciti amministrativi.” [10].
In conclusione, al fine di compiere la più efficace valutazione preventiva sulla convenienza e sulla fattibilità dell’operazione straordinaria, si ritiene che il coinvolgimento dell’Organismo di Vigilanza sia un elemento imprescindibile poiché può costituire un valido supporto a favore dell’organo gestorio nella valutazione del rischio aziendale connesso all’acquisizione di nuovi asset che potrebbero essere forieri di responsabilità ex D. Lgs. n. 231/2001.
Laura Dal Prato
Avvocato Del Foro Di Ravenna
[1] Tra le tante, Cass. civ., S.U., 31 ottobre 2007, n. 23019,
[2] NAPOLEONI, Le «vicende modificative»: trasformazione, fusione, scissione e responsabilità degli enti, in Rivista231, 2/2007, 143
2014, sub art. 28, 814
[3] Cass. pen., Sez VI, 12 dicembre 2016, n. 11442
[4] Tra le tante, sent. 11 dicembre 2007, C – 280/06
[5] NAPOLEONI, op. cit., 148
[6] Cass. pen., sez. V, 27 ottobre 2015, n. 4064 e Cass. pen., 29 gennaio 2016, n. 4064.
[7] Cons. Stato Sez. VI, 14/01/2019, n. 320
[8] Art. 17 D. Lgs. n. 231/2001 Riparazione delle conseguenze del reato
Ferma l’applicazione delle sanzioni pecuniarie, le sanzioni interdittive non si applicano quando, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, concorrono le seguenti condizioni:
a) l’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;
- b) l’ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- c) l’ente ha messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
[9] Cass. pen. Sez. VI Sent., 11/06/2008, n. 30001
[10] Cass. pen., 12 febbraio 2016, n. 11442.